Italian taste
Grani antichi: tra moda e recupero delle radici
Un curioso approfondimento su farine dimenticate e grani che pian piano stiamo recuperando, per un futuro più sano e sostenibile
Nel mondo del cibo e dell’alimentazione occidentale ci sono mode passeggere, come le bacche di goji, la moringa o l’aloe da usare in ogni occasione. Ma c’è una tendenza, che si vede sempre più consolidata negli ultimi anni, che riguarda l’utilizzo di farine di grani antichi, sia nella ristorazione che nelle preparazioni casalinghe. Si parla in generale di grani dalla produzione ridotta e dalla bontà ricercata.
In tutta Italia c’è da tempo una ritrovata attenzione ai semi che vengono piantati. Per esempio, in Brianza Lecchese si sta sviluppando sempre di più una coltivazione attenta e sostenibile: timilia e khorasan sono passate dall’essere parole sconosciute a ingredienti facilmente reperibili nelle preparazioni da forno e nei prodotti da panificazione dei ristoranti di alto livello, dove il pane di accompagnamento diventa una parte fondamentale dell’esperienza.
Per saperne di più, dobbiamo conoscere fondamentalmente due cose: il territorio e quali sono i cereali più interessanti.

C’è un angolo di Lombardia – il Parco di Montevecchia e della valle del Curone – che è diventato un parco protetto che unisce aree dedite ad allevamento, zone di interesse ambientale, architettura civile e religiosa e ovviamente agricoltura. Il tutto con il plus delle splendide Alpi Orobie sullo sfondo.
Qui il tempo si è fermato, si fruga nella storia e nelle tradizioni e si protegge un territorio che conosce a fondo le sue radici, nella storia come nel cibo. La farina di mais antichi, in una zona in cui la polenta a tavola non può mai mancare, è un esempio di recupero virtuoso della tradizione della zona: si può acquistare sullo shop della Cascina La Costa.

In quest’area poco conosciuta ma non per questo meno affascinante, si possono fare camminate, escursioni a cavallo e in bicicletta, passeggiare tra le vigne e scoprire siti archeologici di insediamenti romani e gallici (nel paesino di Missaglia) o attraversare campi fioriti tra le colline di Cernusco Lombardone.
Quindi perché sono stati riscoperti i grani che erano caduti in disuso, e come mai sono così diverse dalle farine che usiamo tutti i giorni?
I grani antichi derivano da piante robuste, che storicamente necessitavano di meno cura, sono resistenti a periodi di siccità, intemperie e attacchi di parassiti. Crescono, quindi, senza troppa ingerenza esterna e lavorazione “sul campo”. Ecco perché si prestano molto alle coltivazioni biologiche, a scapito di una resa più bassa rispetto ai cereali moderni coltivati su larga scala.
Andando più nel dettaglio, quelli più diffusi sono fondamentalmente tre:
Farro monococco: il cereale più antico di cui si hanno informazioni (pare venisse coltivato già nel 7500 a.C.). Pare essere il primo coltivato dall’uomo in Medio Oriente, è poco calorico e viene usato spesso insieme ad altre farine perché lievita poco.
Grano Senatore Cappelli: questo grano ha una storia interessante alle spalle e una data di nascita ben precisa, il 1915. All’inizio del 1900, in Italia, in un periodo di ristrettezze alimentari e aumento della richiesta di grano, si cercano varietà con un miglior apporto nutrizionale. E in questo clima il marchese Raffaele Cappelli, senatore e promotore della riforma agraria, concede all’agronomo Nazareno Strampelli un terreno vicino a Foggia per fare semine sperimentali. Proprio in quell’anno, l’agronomo trova il grano duro perfetto e gli dal nome del Senatore. Questa varietà diventa una delle più coltivate, ma nel tempo viene sostituita da piantagioni più produttive. Tuttavia, il grano duro Senatore Cappelli è rimasto nella storia e amato come prodotto di nicchia, per lavorazioni pregiate.


Gentil Rosso: una varietà dal colore unico, che si trova in Lombardia e in Emilia-Romagna (dove viene impiegato spesso per fare la piadina). Questo grano, curiosamente, presenta considerevoli quantità di vanillina, che gli conferisce un profumo e un sapore dolce e delicato.
Anche il metodo di realizzazione delle farine di grani antichi è legato agli usi dei tempi passati: la macinatura generalmente viene fatta a pietra e rimane quindi più grezza e ricca di fibre (mantenendo tutto il grano), ricca di vitamine e sali minerali, con un più basso indice glicemico.
Ma non sono solo le proprietà organolettiche del farro o degli altri cereali a renderli curiosi, perché nonostante siano più digeribili e cresciuti senza pesticidi, la parte più interessante è il loro gusto e sapore.
Una pagnotta appena sfornata di pane fatta con una farina di grani antichi ha un profumo estremamente caratteristico e una croccantezza unica, come il pane di una volta. Proprio come vuole la tradizione.