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Facciamo chiarezza: tutto sul Parmigiano Reggiano DOP, il “re” dei formaggi italiani

Le classifiche si rincorrono, e non sempre sono attendibili, ma una cosa è certa. Il Parmigiano Reggiano DOP è nell’olimpo dei formaggi italiani più amati e venduti al mondo, se non quello con il primato assoluto. 

Non è un caso che fuori dall’Europa (dove vigono le regolamentazioni sui prodotti a Denominazione Origine Protetta) siano nati i cosiddetti “Parmesan”, imitazioni d’oltreoceano del nostro Parmigiano Reggiano DOP. Formaggi che nulla hanno a che fare con la tradizione millenaria del Parmigiano Reggiano DOP e, naturalmente, con il suo legame unico con il territorio di produzione.

Il Parmigiano Reggiano nella storia

La tradizione di questo amatissimo formaggio a pasta dura risale al Medioevo. L’intenzione dei monaci cistercensi e benedettini era infatti quella di dar vita a un formaggio in grado di durare a lungo nel tempo, in grandi forme. Il sale era quello delle saline di Salsomaggiore, il latte quello delle vacche allevate nelle grange. La fama del Parmigiano si estende rapidamente, e presto l’esportazione arriva in tutta Europa, tanto da rendersi necessarie (già nel XVII secolo) le prime misure di tutela commerciale rispetto ad altri formaggi. 

Per primo fu il Duca di Parma Ranuccio I° Farnese a ufficializzare la denominazione d’origine con un atto 1612. In questo documento vengono per la prima volta evidenziati i luoghi dai quali doveva provenire il formaggio “di Parma”. Si tratta, a tutti gli effetti, di una anticipazione della Denominazione di Origine Protetta.

Oggi come allora il Parmigiano Reggiano DOP è tra i formaggi più amati e contraffatti al mondo.

La lavorazione del Parmigiano Reggiano DOP

Partiamo dalle basi. Sono solo 5 le province di provenienza del latte che dà origine al Parmigiano Reggiano DOP: Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna a sinistra del fiume Reno e Mantova a destra del fiume Po. E queste sono le stesse province in cui avviene la lavorazione, che segue un regolamento molto stringente che prevede, tra le altre cose, alimentazione controllata per gli animali, senza foraggi insilati, alimenti fermentati e farine di origine animale. Tutte le fasi della lavorazione fanno parte di un disciplinare redatto dal Consorzio di tutela.

Sono necessari 550 litri di latte per dare vita a una sola forma di Parmigiano Reggiano DOP. Ed è solo grazie al caglio e al siero innesto che avviene la coagulazione, in maniera del tutto naturale. Da ogni caldaia, dopo la cottura del latte, si ricavano due forme gemelle, pronte per essere immesse nelle fascere.

Fondamentale per il riconoscimento e il tracciamento delle forme è la fase di marchiatura. Ogni forma viene infatti marchiata con i riferimenti di produzione (mese e anno), numero di matricola del caseificio e l’inconfondibile scritta a puntini Parmigiano Reggiano DOP. Si tratta, a tutti gli effetti, di una vera e propria carta d’identità.

Ultimo passaggio prima della stagionatura è quello della salatura, che avviene per osmosi, ovvero immergendo le forme in una soluzione satura di acqua e sale. 

Tra i primati del Parmigiano Reggiano DOP c’è quello del tempo minimo di stagionatura, che è il più lungo tra tutte le DOP: 12 mesi. Al termine di questo primo anno, ogni forma viene esaminata ed è solo in questo momento che si conferma (oppure no) se può conservare il nome di appartenenza alla DOP. Da qui, le forme che hanno passato il test, possono passare alla vendita oppure prolungare la stagionatura a 24, 26, 40 mesi o più.

Il Parmigiano Reggiano DOP a tavola

Se il Parmigiano Reggiano DOP è stato definito il re dei formaggi, i motivi sono molti. Tra questi, indubbiamente la sua versatilità in tavola.

Difficile pensare a un aperitivo, ad esempio, senza prepararne alcune scaglie. Semplici da gustare in purezza, abbinate a vini bianchi sia frizzanti che fermi. Oppure da accompagnare con verdure fresche crude, ma anche frutta fresca di stagione, o disidratata quando si tratta di stagionature più lunghe, dal sapore più deciso. In questo caso un eccellente abbinamento è anche quello con mostarde di frutta non troppo piccanti, per non sovrastarne il sapore.

Il Parmigiano Reggiano DOP è immancabile nei primi piatti, meglio se grattugiato al momento. E quando finisce il pezzo, si conserva la crosta, da aggiungere in cottura a minestroni e creme di verdura.

Contro ogni pregiudizio che vieta abbinamenti tra formaggi e pesce, il re dei formaggi è ottimo in petali sui carpacci di pesce, così come sui carpacci di carne e roastbeef, accompagnato magari dalla piccantezza della rucola.

Oltre i 36 mesi, l’aroma del Parmigiano Reggiano DOP si fa più deciso, perfetto da abbinare a qualche goccia di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena o di Reggio Emilia.

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